Con la delicatezza che lo contraddistingue, Elon Musk ha completato l’acquisizione di Twitter e ne ha preso il controllo: secondo quanto trapela, ha licenziato i top manager e il suo CEO.
Con un altro capitolo di quella che sembra una recita infinita, il magnate proprietario di Tesla e di SpaceX ha completato l’acquisizione di una delle più importanti piattaforme di social networking: sui rischi connessi a questa operazione ci siamo espressi già molto tempo fa.
Indice
Un riassunto delle puntate precedenti
Quella tra Elon Musk e Twitter è una storia che dura da molto tempo e che si è tinta in alcuni casi di giallo, in altri semplicemente di ridicolo. Perché quello che dobbiamo chiederci oggi è se Elon Musk rappresenti davvero un personaggio affidabile, o possa per alcuni versi diventare addirittura un pericolo, perché la stravaganza unita ad una quantità smisurata, quasi infinita, di denaro non rappresentano mai un abbinamento vincente, soprattutto quando si ha la smania di essere a tutti costi protagonisti.
La lunga storia di Elon Musk e Twitter comincia quando il magnete, appassionato della piattaforma, comincia a scrivere messaggi commentandone la gestione, pur non avendo alcuna voce in capitolo. Ovviamente, i commenti di un personaggio di questo tipo hanno un peso importante nello spostamento dell’opinione pubblica e, in alcuni casi, anche dei valori delle azioni.
Proprio mentre cominciava la sua campagna di influenza rispetto alla gestione della piattaforma, Elon Musk segretamente cominciava a raccogliere quote societarie, senza rispettare gli obblighi che gli imponevano di comunicare le sua attività al comitato di controllo della borsa, dopo aver superato il livello del 5%.
Dopo aver segretamente raggiunto una quota vicina al 10%, Elon Musk ha lanciato l’amo, e dopo un lungo tira e molla, ha formalizzato una proposta da 44 miliardi di dollari. Sono passate però poche settimane, prima che lo stesso Elon Musk annunciasse di rinunciare all’acquisizione della piattaforme, partendo dal presupposto che il numero di BOT, ovvero di utenti non reali, fosse di gran lunga superiore a quello indicato nella stima dell’azienda.
Ovviamente, non funziona proprio così: una volta formalizzata la proposta, esiste un impegno vincolante, anche perché questo tipo di annunci e di terremoti societari spesso comporta grandi variazioni nei valori delle azioni e questo genera un effetto sui conti economici degli azionisti.
Ecco perché, immediatamente dopo l’annuncio con cui comunicava di non volere più l’azienda, il board di Twitter ha citato in giudizio lo stesso Elon Musk con la pretesa che l’accordo stipulato venisse registrato e concluso. Il giudice incaricato di seguire il caso, fissato un’udienza alle 17 ottobre, che Elon Musk ha cercato in tutti modi di rinviare, senza successo.
A pochi giorni dalla scadenza arriva l’ultimo colpo di scena, quando Elon Musk annuncia di voler comprare Twitter, rispettando l’accordo sottoscritto, azione che probabilmente in un primo momento è stata fatta con l’intento di allungare i tempi. Quando però il tribunale ha confermato l’udienza e affermato che il procedimento non si sarebbe fermato, c’è stata un’accelerazione improvvisa che ha portato al passaggio ufficiale di ieri.
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Cosa succede ora a Twitter?
Una delle cose più difficili per gli osservatori, anche quelli finanziari, è intuire quali possano essere i pensieri di Elon Musk quando si tratta di gestire un’azienda. Nelle ultime settimane c’è stato un susseguirsi di dichiarazioni sul futuro della società, che molto spesso però erano in contraddizione l’una con l’altra o tracciavano percorsi che a molti non sembravano chiarissimi.
Negli ultimi giorni, Elon Musk è arrivato a dichiarare che licenzierà il 75% dell’attuale forza lavoro di Twitter, ragione per cui per molti dipendenti questo passaggio risulta indigesto e potrebbe aprire l’ultimo periodo trascorso in azienda.
Secondo quanto riportato da fonti molto autorevoli come il New York Times, il Wall Street Journal e il Washington Post, Elon Musk nelle prime ora da “proprietario” di Twitter ha licenziato i suoi top Manager, a partire dal CEO, Parag Agrawal, ma anche il CFO Ned Segal, il consigliere Sean Edgett, oltre al responsabile delle Policy legali, Vijaya Gadde, in quello che sembra un regolamento di conti più che un avvicendamento nella gestione di un’azienda.
In una delle tante dichiarazioni scomposte dei giorni scorsi, Elon Musk ha dichiarato anche che Twitter sarà alla base del suo progetto “X”, l’applicazione per tutto. Mentre su altri temi abbiamo qualche perplessità, quando si parla di modi e approcci del magnate proprietario di Tesla, su questo argomento invece manteniamo le antenne alzate, perché evidentemente nella testa del bizzarro imprenditore c’è un’idea che potrebbe essere di rompente, quella cioè di creare una sorta di WeChat occidentale.
Stiamo parlando di un’applicazione che può servire per i pagamenti tra le persone, per l’acquisto di servizi, per lo scambio di informazioni, per ricevere informazioni di viaggio, fare praticamente qualunque cosa con un unico riferimento digitale. E’ una formula che in Cina funziona in modo strepitoso, bisogna capire quale può essere la declinazione occidentale.
Perché Elon Musk è entrato a Twitter con un lavandino?
La sua immagine ieri ha fatto il giro del mondo, molti però si sono chiesti perché Elon Musk sia entrato a Twitter con un lavandino in mano. La risposta è molto semplice è probabilmente è da cercare in un modo di dire in inglese, che lo stesso Elon Musk ha pubblicato su Twitter “Let’s Sink in”, che si traduce più o meno in buttiamoci a capofitto, ma il verbo “Sink” è anche un sinonimo di “lavandino”.
Ecco perché il magnate travestito da cabarettista, ieri pensato di fare il suo ingresso ufficiale a Twitter con un lavandino in mano, dopo aver indossato la maglietta nera di ordinanza per i manager della Silicon Valley.
Molti addetti ai lavori hanno pubblicato messaggi di supporto per i manager licenziati, con cui il nuovo proprietario di Twitter non “l’aveva toccata piano”: con la Gadde, responsabile degli affari legali aveva pubblicamente discusso sul tema dell’embargo a Donald Trump, mentre con l’amministratore delegato aveva avuto uno scontro diretto via messaggio, ma anche reazioni scomposte online, quando aveva pubblicato le emoji della cacca a commento di un suo tweet.
In realtà, con l’ultimo amministratore delegato, il gruppo dei dirigenti stava già cambiando molto velocemente, per il processo di ristrutturazione che era stato avviato ormai da tempo, ma che di sicuro ora avrà una accelerazione improvvisa.