Ho cominciato ad usare iPhone due giorni dopo il suo lancio americano, quel 29 giugno 2007, che ha profondamente cambiato il mondo della tecnologia e introdotto l’oggetto che ha stravolto le nostre vite. A distanza di 17 anni, non è più iPhone a rendere indissolubile il legame con il brand, ma è Apple Watch.
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iPhone è uno di famiglia
Quel 29 giugno 2007 sembra arrivare da un’era geologica lontana: a distanza di diversi mesi dall’annuncio ufficiale di Apple, il primo iPhone arriva sul mercato americano. E’ un’esclusiva di AT&T, non viene venduto fuori dagli Stati Uniti e funziona solo con le SIM dell’operatore americano.
I limiti non sono sufficienti per trattenermi dal comprare il primo iPhone, che viene acquistato in un Apple Store di Santa Monica, consegnato ad un corriere Fedex, che nel giro di 48 ore bussa alla mia porta.
L’unboxing e il successivo setup sono un’esperienza lontana anni luce da tutto ciò che fino a quel momento il mercato aveva offerto. Usare una SIM AT&T in Italia non è la soluzione più comoda ed economica che si possa immaginare, ma per provare iPhone si sopporta anche quello.
Il resto è storia, fino al traguardo del primo miliardo di iPhone venduti, passando per la continua crescita di immagine dell’azienda che lo produce e del dispositivo: gli ultimi dati ci dicono che 9 teenager su 10, negli Stati Uniti, vogliono un iPhone.
Per me, dopo 17 anni, avere un iPhone in tasca come “primo telefono” è un’abitudine radicata; ma non è mai solo, perché ne uso sempre due e il secondo è un dispositivo Android che cambio di volta in volta, soprattutto quando è il momento di preparare recensioni di nuovi smartphone.
Anche dopo un periodo così lungo, la scelta non è mai scontata, ma figlia di molteplici fattori, tra cui però da qualche tempo ce n’è uno che è sempre più determinante.
L’ecosistema Apple, non è l’unico ma è il migliore
Da molti anni capita di leggere dispute più o meno ideologiche su quale sia il prodotto tecnologico migliore che il mercato possa offrire, l’argomentazione più frequente che si legge da parte dei sostenitori dei dispositivi Android si basa quasi esclusivamente sul tema della dotazione tecnica.
Ormai da anni, esistono smartphone Android che offrono soluzioni tecnologiche di avanguardia, spesso più avanzate rispetto a quelle di iPhone. Nonostante questo, iPhone ha continuato a crescere, ininterrottamente, diventando anno dopo anno il singolo prodotto più venduto del mercato.
Non solo, Apple, che detiene una quota di vendita intorno al 20%, incassa circa il 50% dei guadagni generati dal settore dei cellulari. Se teniamo conto che un altro 30% circa è appannaggio di Samsung, è facile capire come la sfida tecnologia nel mondo degli smartphone sia ristretta a due soggetti, con tutte le altre aziende costrette a guardare ed inseguire, raccogliendo le briciole.
Ma dove sta l’origine del successo? Un sistema operativo più semplice, applicazioni migliori e più “consistenti”, più rispettose del contesto in cui vengono calate, ma anche e soprattutto una facilità d’uso che rimane insuperata.
Queste alcune delle motivazioni che possiamo individuare, ma c’è qualcosa di più e si identifica come un “ecosistema”, una famiglia di prodotti che interagiscono di loro, con una semplicità che gli altri cercano di imitare, ma che spesso non riescono ad eguagliare, il più delle volte a causa della frammentazione, delle diversità tra i marchi, che rendono le interazioni più complicate.
Uso iPhone, Mac, iPad, Apple Watch, Apple TV, HomePod e AirPods, la loro convivenza è di una semplicità incredibile. Se abbino AirPods al Mac, quando accendo iPhone, gli auricolari sono immediatamente disponibili all’uso, senza bisogno di accoppiamento o altri passaggi di autenticazione.
Se sto usando gli auricolari con Mac e suona iPhone, quando rispondo ad una chiamata, l’audio passa automaticamente agli AirPods. Se si scatta una foto con iPhone, inviarla al Mac con AirDrop è facilissimo, mentre l’iPad può diventare con un clic il secondo display del mio computer Mac.
Eppure, nessuno di questi elementi, seppur importanti, mi tengono saldamente legato all’uso di iPhone, la vera differenza per me la fa Apple Watch.
Apple Watch, nessuno come lui
Con il verosimile lancio del mese di settembre, conosceremo la decima generazione di Apple Watch, smartwatch che nel corso degli anni non è cambiato molto nel suo aspetto, ma ha subito profonde trasformazioni nel software che lo anima.
Proprio l’ultimo aggiornamento, quello a watchOS 10, ha introdotto moltissime novità sul fronte dell’interfaccia utente e ha reso ancora più completo un dispositivo già eccellente.
Ma cosa fa di Apple Watch uno strumento così efficiente? Una sola cosa, le app di cui dispone. La concorrenza, ogni volta che presenta un nuovo prodotto, insiste sul tema dell’autonomia, probabilmente perché è un dettaglio che emerge dalle ricerche di mercato, ma la vera differenza tra Apple Watch e resto del mondo sta nella straordinaria disponibilità di app e nella possibilità di fare un sacco di cose, senza bisogno di usare lo smartphone.
Spesso, i produttori di dispositivi alternativi, insistono sulla disponibilità di batteria più ampia, con autonomia che arriva in alcuni casi anche a più di 3 settimane: per molti utenti può essere un elemento importante, ma non è la killer feature.
Con il solo orologio al polso, apro il cancello di casa, sblocco la serratura smart, leggo le notifiche dalle webcam di sicurezza, controllo il volume della riproduzione della musica sugli smart speaker, fino a qualche settimana fa, potevo anche gestire la doppia autenticazione di Microsoft (non si capisce perché un’opzione così comoda sia stata eliminata).
Non prendo in considerazione le caratteristiche condivise da altri dispositivi come la misurazione dei parametri biometrici come il battito cardiaco, l’ossigenazione del sangue e così via, perché queste non sono funzionalità esclusive.
Ci sono però altri dettagli che sono davvero unici, come l’integrazione dei dispositivi di Apple quando si usa Apple fitness, giusto per fare un esempio.
Gli unici smartwatch che potrebbero competere sono i Galaxy Watch e Google Pixel, ma è solo un potenziale teorico, perché nella pratica le applicazioni disponibili per wearOS sono pochissime e molte di quelle che ci sono hanno una qualità discutibile per quanto riguarda l’interfaccia utente.
iPhone ha concorrenti all’altezza, Apple Watch no
Per la prima volta, quest’anno, penso che iPhone 15 Pro Max non sia il migliori prodotto del mercato. E’ un oggetto spettacolare, ma Samsung Galaxy S24 Ultra è superiore, per la qualità del design, per le soluzioni avanzate di Galaxy AI e per l’originalità della S Pen. Volendo, anche Google Pixel 8 Pro può competere alla grande, per il suo software e la qualità della sua fotocamera.
Se è vero che ci sono molti dispositivi Android in grado di competere con iPhone, non si può dire la stessa per Apple Watch e questo è uno dei segreti del successo di Apple. Pur con un calo del 20% nelle vendite del Q1 2024, il primo trimestre, Apple detiene il 24% del mercato e guarda da lontanissimo il suo più diretto concorrente, Xiaomi, che ha invece il 10%.
Se fossi un produttore di tecnologia, metterei da parte l’ossessione per iPhone e cercherei di capire il fenomeno Apple Watch, anche se il gap creato, grazie ad un rapporto decennale con produttori e sviluppatori, oggi sembra quasi incolmabile.