Negli ultimi anni gli smartwatch si sono diffusi in maniera esponenziale, arrivando a sostituire quasi del tutto i classici orologi.
Funzioni tecnologiche integrate, possibilità di fare chiamate, di vedere a distanza le notifiche, possibilità di contare passi, calorie, allenamento. Una delle opzioni però è che vanno tenuti sempre, h24, per monitorare al meglio il sonno e i parametri vitali, quindi diventano una vera estensione del corpo.
Come per molti altri oggetti tech c’è anche relativa preoccupazione, questi possono essere pericolosi? Usarli in modo continuativo può causare danni? Finalmente, dopo aver raccolto dati a sufficienza c’è una risposta univoca del mondo scientifico a cui bisogna prestare grande attenzione.
Uno dei timori più diffusi circa l’uso di questi sistemi è l’esposizione costante a radiazioni e campi elettromagnetici, anche per la connessione congiunta che questi hanno proprio con altri prodotti come sorgenti, in primis lo smartphone. I dubbi sulla loro nocività sono plausibili ma è anche vero che i dati ad oggi raccolti non sono così vasti e di lunga durata per scongiurare o confermare in tutto e per tutto che siano o meno validi.
Sicuramente quello che sappiamo è che gli smartwatch, come anche i cellulari, agiscono come campi elettromagnetici a radiofrequenza, se questo sia o meno un rischio conclamato per la salute invece non è certo. Gli studi disponibili infatti offrono solo un quadro sull’effetto cancerogeno, che va dunque a classificare i campi elettromagnetici come possibili cancerogeni per gli umani. Quindi, guardando i dati AIRC, si evince come non ci sia una diretta correlazione ma una di tipo indiretto.
Gli effetti dimostrati da questi campi riguardano la conversione del calore in energia, quindi sicuramente effetti termici. Questi comunque restano limitati negli smartwatch, a maggiore impatto sono quelli con scheda SIM che quindi si connettono alla rete mobile. Piuttosto però questi dispositivi perennemente connessi possono diventare l’ennesimo oggetto di ansia in un mondo già perennemente sotto controllo, senza chiaramente considerare tutte le implicazioni come violazioni dati e simili.
Secondo quanto riportato dalla Fondazione Veronesi, con Alessandro Polichetti primo ricercatore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni dell’Istituto Superiore di Sanità i dubbi sono comprensibili, dal momento che sono sorgenti di campi elettromagnetici a radiofrequenza ma bisogna anche ricordare che le considerazioni da fare sono sempre in termini di “livelli di esposizione” quindi tutto dipende sempre dall’uso che si fa di un prodotto e da come viene gestito.
Lo specialista specifica che eventuali rischi (ad esempio per insorgenza di condizioni cliniche) dipendono unicamente dal livello di esposizione, mentre relativamente a un dato generale di “pericolosità” ad oggi non ci sono rilevanze e che comunque i campi elettromagnetici a cui andiamo incontro ogni giorno sono di una potenza inferiore a quanto potrebbe essere minaccioso per la salute.
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