Apple Music è il servizio di streaming più popolare in USA, secondo quanto riportato in queste ore da un osservatore indipendente.
Non vi nascondo che ho dovuto leggere due o tre volte il report per convincermi della sua bontà, ma in effetti i numeri sono abbastanza inequivocabili: in realtà, sono un po’ dopati dal numero di coloro che stanno usando i tre mesi di prova del servizio, che tecnicamente sono iscritti al servizio a pagamento, ma testimonia come la nuova “strada” individuata da Apple per il modello di business del futuro sia percorribile e sia anche abbastanza agevole, quando hai un miliardo di prodotti distribuiti in tutto il mondo.
Secondo quanto misurato, nel mese di marzo, Apple Music ha registrato 40.7 milioni di utenti, quasi il 20% in più rispetto ai 32.6 milioni di Pandora e addirittura il 25% in più rispetto a Spotify che invece ne portati a casa 30.4.
Ripeto tema importante: questi sono solo i numeri relativi agli Stati Uniti, non ci sono invece numeri freschi che propongano la stessa comparazione su scala globale, ma adesso vado a spulciare nel web per capire cosa posso trovare.
Non mi meraviglia la crescita esponenziale di Apple, perché quando si hanno in casa un iPad oppure un iPhone, o magari entrambi, a cui si abbina una Apple TV, la scelta diventa quasi ovvia.
Ma esiste una vera differenza tra i vari servizi oggi offerti dal mercato, ad esclusione di Tidal, che viaggia per la sua strada con costo più alto e una qualità migliore? Dal mio punto di vista, no. A parte qualche piccola esclusiva, Apple Music offre più o meno ciò che vi dà Spotify, mentre tendo a prendere poco in considerazione Pandora, ma solo perché comunica molto meno e non riesce a rimanere “top of mind” a livello di percezione, eppure come è facile vedere dai numeri in USA ha un successo enorme.
Alla fine, l’unica vera discriminante che fa la differenza può essere il prezzo: sempre che le diverse organizzazioni non decidano di combattere a livello di esclusive, ma dubito che gli artisti siano davvero interessati a tagliare fuori ampie fasce di pubblico dalla fruizione dei contenuti.
Ci può essere l’artista, come Adele, che sceglie di non abbracciare lo streaming, ma una volta fatta la scelta in quella direzione, è più difficile che si scelga di discriminare un gruppo di utenti.