Lo so, chiedersi se i robot sostituiranno l’uomo non è proprio uno dei temi tipici del mio blog, ma ieri sera ho vissuto una serata speciale e ve la voglio raccontare.
Nella sede di Bayer Italia a Milano ho partecipato ad uno degli incontri del ciclo “conosciamoci meglio” che era dedicato al tema della robotica umanoide, quei prodotti che hanno il corpo di una macchina e sembianza umana, che secondo alcuni potrebbero sostituire l’uomo nelle attività lavorative e rappresenterebbero un rischio per l’umanità.
A condurre la serata c’era Roberto Cingolani, un fisico italiano, direttore dell’istituto italiano di tecnologia. Accanto a lui Francesca Cerati, giornalista di Nova del Sole 24 Ore.
Ho trovato la serata così interessante che mi pare un peccato tenere per me una serie di informazioni.
Parto dalle conclusioni: l’intelligenza artificiale non prenderà il controllo della nostra vita e i robot non sostituiranno il genere umano rendendo tutti disoccupati, ma…
Lascio un po’ di suspence, perché il “ma…” è la parte fondamentale della serata in cui ho scoperto, ad esempio, che l’istituto italiano di tecnologia, che ha base a Genova, costruisce un’intera gamma di robot, da quelli invisibili che sono grandi come particelle e viaggiano dentro il nostro corpo per scopi diagnostici, fino ad un gigante alto due metri, in grado di svolgere compiti difficoltosi e con un ingombro impressionante.
Ma sono davvero così intelligenti? La risposta è no. Senza un’interconnessione tra i diversi umanoidi del pianeta, la loro intelligenza individuale è infinitamente inferiore a quella dell’essere umano, così come la loro capacità di calcolo.
L’essere umano non è solo incredibilmente più potente, ma anche più semplice e biologicamente incredibilmente elementare.
Ogni forma vivente è una combinazione dei sei elementi che vedete qui sopra, che a seconda di come sono combinati tracciano la differenza tra uomo, animale e pianta.
Il robot, così come ogni forma di tecnologia ha una strutturazione molto più complessa e necessità di molta più energia per compiere la metà dei calcoli di cui è capace il nostro cervello.
Confrontando un robot alto 130 cm e un bambino, l’essere umano vince su tutti i fronti: consuma pochissimo, fa un numero esagerato di calcoli e basta una barretta di cioccolato perché “funzioni” per una giornata intera.
Per imitare il cervello umano ci vuole un computer con una potenza di calcolo e un consumo energetico incredibili: ce ne sono circa 7 al mondo.
Sono grandi come una palestra e consumano 15 megawatt, più l’energia che serve per illuminare un intero quartiere di Milano.
Installare una potenza del genere su un singolo robot è ovviamente improbabile per una questione di dimensioni, ecco perché è improbabile che un robot surclassi l’uomo.
Ma… Come abbiamo già accennato c’è sempre un ma e in questo caso ve lo spiego subito, perché il mondo cambia completamente e anche lo scenario in cui si muove la robotica umanoide, se i singoli agglomerati di tecnologia comunicano tra loro.
E’ una delle rivoluzioni del 5G, che introducono la capacità di comunicare tra loro dei diversi dispositivi, creando una memoria collettiva che diventa invece incredibilmente potente.
E qui si torna al primo “ma…” che abbiamo presentato. Perché di fronte a questa prospettiva servono regole, che deve fare l’uomo.
Il rischio non è connesso alla tecnologia, ma all’uomo che la deve regolare.
Non l’abbiamo fatto con internet, non ci siamo riusciti con i social network, ce la faremo con la robotica umanoide? Questo è l’unico tema davvero rilevante, che può essere un rischio domani, insieme ad un altro aspetto non secondario: l’etica.
L’istituto italiano di tecnologia lavora alla ricerca nella robotica umanoide, con l’obiettivo di dare supporto all’uomo nelle situazioni più disparate, tra cui le disabilità, l’aiuto nel lavoro, l’intervento nelle situazioni di emergenza e addirittura l’apprendimento dei bambini nei casi di autismo.
Guardate il video che viene mostrato nel maxi schermo. La mano che vedete è una protesi che è stata sviluppata da ITT e che offre gli stessi movimenti di una mano umana.
Al centro della ricerca c’è l’uomo, motivo per cui molte delle soluzioni create in laboratorio da ITT sono state clonate dalla natura e sono sviluppate sempre e comunque con l’uomo in testa.
C’è un principio dietro a questo lavoro, che è vecchio come il mondo: si chiama etica. Ma chi può garantire che sia per tutti così?
E qui scatta la necessità di regole chiare, precise, che arrivino prima che sia tardi.
Chi gestirà la memoria collettiva? Chi controllerà i flussi del cloud? Gli Stati, le aziende? Questo è il vero interrogativo in un contesto che porterà di sicuro una rivoluzione, ma che sarà molto diverso da quello ipotizzato dai catastrofisti.
Ma alla fine, si potrà avere un robot per amico? Sì, perché molti degli sforzi che vengono fatti in questi anni sono proprio per l’assistenza alla persona, perché la combinazione di soluzioni tecnologiche moderne e di intelligenza artificiale oggi permette di costruire apparati che sono allo stesso tempo potenti e di costo contenuto.
Sono quelli con un aspetto simile a quello che vedete nello schema qui sopra.
Sono più semplici da realizzare, ma mantengono alcuni dei dettagli antropomorfi, cioè con sembianze simili a quelle dell’uomo, per poter usare i dispositivi che sono creati per gli esseri umani, dalle maniglie agli interruttori.-
Ieri sera ho visto alcune soluzioni create da IIT, l’Istituto Italiano di Tecnologia, che sono create e sviluppate per migliorare la vita dell’uomo, un esempio che ci può far pensare senza problemi che domani avremo un robot come amico.
Il professor Cingolani non ha ignorato l’allarme di Stephen Hawking che prima di morire ha scritto che l’intelligenza artificiale conquisterà il mondo: c’era un dettaglio che molti non hanno letto.
Hawking proiettava il tema a 1.000 o 10.000 anni. Forse il mondo finirà prima per lo smog.
La cosa incredibilmente curiosa è l’implicazione sociale di questa prossima rivoluzione: ci sarà un robotic divide, la differenza cioè tra coloro che avranno un robot e quelli che invece ne saranno privi.
Quanto impatterà sulla nostra vita? Lo scopriremo, forse, al prossimo incontro di Bayer. Bella serata, tema super affascinante e relatore davvero spettacolare. Non avrei potuto spendere meglio le ore del tardo pomeriggio di ieri.