Nella giornata di ieri Huawei ha lanciato due splendidi telefoni, Huawei P30 e P30 Pro, è davvero difficile capire perché abbia scelto di produrre anche Huawei Freebuds.
Parlo degli auricolari true wireless di cui è impossibile ignorare la “vaga somiglianza” con Apple AirPods; perché un’azienda che innova, stupisce e spinge la crescita del mercato degli smartphone fa poi un passo falso di questo tipo?
Apple ha costruito un prodotto che è diventato iconico: “lo spazzolino da denti” bianco nelle orecchie è ormai un segno distintivo.
Quando vedi quel design pendere sul viso di qualcuno, non ci sono dubbi: è un utente di Apple.
Perché costruire un’imitazione che sa tanto di clone cinese? Avrebbe un senso se nello stesso “involucro” venisse poi infilata una tecnologia superiore, ma le specifiche tecniche sono addirittura peggiori…
Tre ore con una singola carica sono meno di quanto facciano anche i primi AirPods, quelli nuovi sono anche meglio. Dieci ore con la singola carica del case sono meno della metà delle 24 ore promesse da AirPods.
Non solo: i nuovi Huawei Feeebuds non hanno controllo touch per l’attivazione dell’assistente vocale.
A questo si aggiunga che chiunque vedrà quella cosina bianca pendere dalle orecchie penserà che siano auricolari di Apple e quindi verrà “supportata” l’immagine dei concorrenti.
Certo, Huawei Freebuds esistono anche in colorazione nera, ma è una ragione sufficiente per giustificarne l’esistenza?
Ieri abbiamo visto due grandi prodotti durante la presentazione di Parigi, perché Huawei P30 e P30 Pro sono dispositivi degni di nota, con caratteristiche che il mercato saprà apprezzare, ma per Huawei Freebuds non riesco ad avere lo stesso entusiasmo, anzi.
La leadership si conquista evitando questi scivoloni, perché vendere tanto non basta. Altrimenti si rischia di rimanere sempre “quelli che copiano” e la qualità di ciò che fa Huawei merita un riconoscimento migliore.
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