Da qualche giorno conosciamo anche la proposta del 5G di TIM, che è stata annunciata qualche settimana dopo quella di Vodafone.
Un po’ strana, in realtà, dato che le celle di nuova generazione sono attive solo a Roma, Torino e nella zona di Napoli dove c’è il villaggio delle Universiadi.
Se pensate alla penetrazione in termini di percentuale sul territorio e sulla popolazione, in pratica è un’offerta che non c’è.
Entro la fine dell’anno TIM ha promesso la copertura di Matera, Bari, Firenze, Verona, Bologna e anche di quella Milano, che in qualunque mappa dei servizi avanzati dovrebbe essere la capofila sul territorio italiano.
Strana la scelta di inserire Milano solo nella seconda “wave” di copertura, ma forse ancora di più quella di lanciare un servizio che in pratica funziona solo in due città.
Secondo quanto indicato nell’evento di lancio, entro la fine dell’anno la copertura 5G di TIM arriverà in 30 località turistiche e in 5 grandi distretti industriali.
Una rete per pochi, per molto tempo
Ma quali prospettiva di copertura ci sono nel nostro paese? TIM dice che nel 2022 ci sarà il 22% di copertura della popolazione, un po’ poco per considerare avviata la rivoluzione del 5G, che come più volte detto da noi avrà uno sviluppo più lento rispetto a quello che vedremo in altri paesi.
Perché andiamo così lenti? Ci sono diversi fattori che concorrono e nessuno è un segnale di buona salute del nostro “sistema paese”.
Da un lato c’è la condizione degli operatori, spremuti da anni della guerra dei prezzi. Con la guerra al ribasso, il risultato è che i servizi nel nostro paese sono peggiori rispetto a quelli delle nazioni tecnologicamente più avanzate e non ci sono i soldi per investimenti significativi nel futuro.
Poi c’è la guerra dei comitati: installare un’antenna in Italia è come combattere la guerra dei mondi. Complicato, costoso e spesso quasi impossibile, senza contare che da noi le celle vanno a bassa potenza, per colpa dei limiti vigenti, dettaglio che peggiora la qualità del segnale.
Chi è causa del proprio mal…
Lo dicevano i nonni, ma vale anche nell’era dell’industria 4.0 e del 5G. Abbiamo gestito male le strategie per lo sviluppo delle nostre reti e ora i nodi vengono al pettine.
Ricordate cosa abbiamo scritto decine di volte nel processo di avvicinamento al 5G? Non c’è rete 5G senza una rete 4G strutturata e robusta.
Non è un caso che per avere il 5G in Italia ci vogliano ancora anni, perché mancano le infrastrutture di base utili al suo corretto funzionamento, in particolare la velocità di collegamento dati verso le celle delle stazioni radio.
A furia di contratti a 5 euro al mese, il risultato è quello che stiamo vedendo noi ora e non possiamo addossare tutta la responsabilità agli operatori…
Le offerte del 5G di TIM
TIM ha due piani tariffari, entrambi con minuti e messaggi illimitati. Advance 5G offre 50 gb con 29.99 euro mese, 5G Top invece ne offre addirittura 100 al mese con 49.99 euro.
Interessanti, ma hanno senso quando la copertura è così ridotta? Ben diverso il tema per Vodafone, che con 5G permette di accedere alla rete dove c’è. In fase di lancio mi pare una scelta più azzeccata.
Come vanno i primi test 5G?
Così così… La rete è veloce, ma al momento raggiunge picchi che potrebbero essere garantiti da una buona rete 4.5G. E qui si torna al tema di come vengono alimentate le torri per la trasmissione dei dati.
Insomma, siamo ai primi passi, non si può parlare di una tecnologia matura, ma nemmeno di una rete strutturata, per cui vale forse la pena lasciare ad altri il piacere di fare da cavia (pagando).
Il 5G richiederà ancora molto tempo per diventare un fenomeno davvero significativo e io insisto su un tema che per me è un mantra: se la rete 4G funzionasse come dovrebbe (e potrebbe) per l’uso dei “privati” non ci sarebbe bisogno del 5G, se non per gestire l’affollamento delle aree urbane. Ma qui si torna dal via…