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eSIM TIM, perché non ce la possiamo fare

Da qualche settimana sono in vendita in Italia le eSIM TIM, dovrebbero essere un’interessante novità, in realtà sono l’ulteriore prova del fatto che non ce la possiamo fare.

Chi legge Mister Gadget sa che da tempo sottolineo un dettaglio e lo urlo a gran voce: la qualità dei servizi telefonici mobili in Italia è peggiore di quella dei paesi in via di sviluppo e oggi rappresenta un caso unico a livello europeo.

Paghiamo cifre semplicemente ridicole per i nostri piani tariffari, inferiori a quelle degli altri paesi più avanzati d’Europa, ma il risultato di questa corsa al ribasso e sembra un vantaggio è a totale discapito degli utenti, a cui vengono offerte opzioni obsolete e reti claudicanti.

Non ci sono mezze misure, con i nostri piani super scontati che dispensano decine di giga per una manciata di euro (spesso meno di dieci), quello che otteniamo in termini di servizi è direttamente proporzionale. Per difetto.

Ci sorprendiamo del fatto che quando viaggiamo in Europa abbiamo pochissimi dati a disposizione: il calcolo è fatto sulla base del costo del proprio abbonamento.

Quest’anno si divide per 3.5 e poi si moltiplica per 2: in alcuni casi, si ottiene un numero che basta per spedire qualche foto, di certo non per un uso disinvolto della tecnologia in mobilità.

Il punto è che la cifra di partenza in molti paesi è 20, oppure 30, da noi quando si parte da 5, 6 o 7, il risultato è quello che è.

Perché non mi piacciono le eSIM TIM?

In realtà non è che non mi piacciano, semplicemente trovo che ancora una volta il servizio sia implementato nel modo sbagliato e con vincoli che ne fanno cadere l’utilità.

Il principio fondamentale della eSIM è quello di smaterializzare la scheda da inserire nel telefono; in tutti i paesi in cui oggi è disponibile, si può fare un acquisto anche on line.

Questo significa che si riceve un codice QR via posta elettronica, che poi può essere utilizzato per “caricare” la SIM stessa sul telefono.

Da noi no. Le eSIM TIM si acquistano solo in negozio, su supporto “fisico”, in pratica è tutto uguale alla SIM normale, solo che non si stacca il pezzettino di plastica con il circuito da mettere dentro il telefono.

Non è questo il senso della eSIM, non è questo il principio per cui si è pensato di sostituire quella tradizionale, a favore di un servizio più evoluto e più flessibile per chi l’acquista.

Senza contare il fatto che la eSIM è disponibile solo su TIM, quando si trova; gli altri operatori hanno fatto vaghe promesse senza un vero “commitment”, senza l’impegno necessario perché si abbiano date certe e indicazioni chiare.

Vogliamo poi parlare del supporto alla rete cellulare di Apple Watch? Ad oggi solo Vodafone la offre ai propri clienti, quando va.

Negli ultimi giorni c’è stato un disservizio per cui ad alcuni utenti Apple Watch non ha funzionato per 15 giorni, addirittura dal 26 dicembre fino all’ultimo weekend, quello del 12 gennaio. Alternative? Nessuna. Perché c’è un solo operatore che gestisce il servizio.

In USA 7 carriers supportano Apple Watch, in Germania 3, in Francia 2; in Spagna sono 3, in Svezia 4, in Inghilterra 3, in Svizzera 2.

Insomma, ovunque c’è la libertà di scegliere, da noi pare non sia un’opzione interessante.

Preferisco non entrare in altri temi, come il wifi calling, perché potremmo scoprire di avere una struttura di rete simile al terzo mondo.

Sapete di cosa parliamo? E’ una funzione disponibile su quasi tutti i telefoni più recenti, per cui è possibile chiamare e ricevere via wifi quando il segnale cellulare non funziona.

Basta collegarsi ad una rete wifi per essere raggiungibile, chiamando come se si fosse su whatsapp.

Perché nessun operatore da noi offre il Wi-Fi calling, lanciato ormai ovunque, anche in India?

La risposta è ignota, nessun operatore ha annunciato il lancio del servizio.

Proseguo con la rete Wifi a supporto di quella telefonica: Vodafone e Fastweb hanno mosso i primi passi, ma per capire come dovrebbe funzionare davvero bisogna fare un salto in Francia e Germania.

Il telefono si aggancia automaticamente alla rete wifi dell’operatore (quando c’è); ha velocità più bassa, ma il traffico che si sfrutta in quella condizione non incide sui consumi del proprio carnet mensile.

La chiudo qui, perché dovremmo riaprire il tema della qualità delle reti: nei primi giorni dell’anno ero a Ponte di Legno, una delle principali località sciistiche del Nord Italia. In centro al paese si viaggiava ad 80 mbps al secondo in download e circa 30 in upload sia con Vodafone che con TIM, ma in un raggio di 500 metri dalla piazza centrale.

Dove ero alloggiato (1 km dal centro) il segnale era incerto e la velocità di download non arriva ad 1 mbps. Dobbiamo davvero insistere su questo tema? Ma a noi importa solo che il costo sia risibile e che ci siano miliardi di giga.

Siamo ancora convinti che pagare poco sia davvero l’unica cosa che conta?

Luca Viscardi

Radio Anchor, Blogger, Tech Enthusiast. Ogni weekend su RTL 102.5. In versione podcast con Mister Gadget Daily. Papà di Andrea.

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Luca Viscardi
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