Ho la sensazione che pochi abbiano colto il vero valore della fusione Nexi Sia, messa in pista nella giornata di ieri con la benedizione del governo.
Giusto poche ore prima, durante una riunione della Banca centrale europea, era stata corroborata e rinforzata l’ipotesi di un euro digitale nel giro di pochissimo tempo.
Forse dire che quest’operazione è stata messa in pista nella giornata di ieri non è esattamente corretto, perché da molti mesi si parlava di questa possibile operazione, probabilmente i recenti sviluppi a livello europeo hanno aiutato ad accelerare alcune decisioni.
In un contesto che si muove verso la moneta elettronica, ovviamente avere una struttura in grado di sostenere questo passaggio diventa non solo necessario, ma addirittura strategico per non perdere il controllo dei flussi di denaro, magari ad appannaggio di altri paesi.
L’operazione è descritta su tutti i giornali, non serve che te ne parli io, verrà messa in pratica con una fusione per incorporazione, in cui Nexi avrà il 70% delle quote, contro il 30% di SIA, ma la quota di maggioranza relativa andrà alla cassa depositi e prestiti che controlla la società che verrà incorporata.
Se fosse una classifica, al secondo posto per importanza tra i soci troveremmo Mercury, società inglese che detiene il 23% della neonata compagine.
Questa nuova realtà si presenta sul mercato con una capitalizzazione di circa 15 miliardi, il che significa che parliamo di una delle prime 10 aziende quotate in borsa nel nostro paese.
I più distratti potrebbero fingere di non sapere che Nexi gestisce l’emissione di quasi tutte le carte di credito in Italia; quella che una volta si chiamava CartaSi, controlla i circuiti Visa e MasterCard, la cui penetrazione è schiacciante.
Bisogna pensare che questa società gestisce oggi i terminali di pagamento per circa 2 milioni di commercianti, ha emesso circa 120 milioni di carte di credito, gestisce circa 21 miliardi di operazioni all’anno.
Sono numeri che potrebbero far venire il mal di testa, ma che ci servono per capire la dimensione di questa operazione, il segnale di quella che sembra finalmente essere una accelerazione digitale nel nostro paese, sempre auspicata e mai realizzata.
ieri si sono sprecate le lodi da parte dei manager coinvolti e anche di buona parte della politica per questa operazione, che in realtà dovrebbe davvero essere considerata come un momento storico per la crescita del nostro comparto digitale, soprattutto per quanto riguarda i pagamenti elettronici, quindi un radicale miglioramento dei servizi ai cittadini e, teoricamente, una riduzione dell’evasione.
Dico teoricamente, perché ci sono punti di vista molto differenti su questo argomento, molti tecnici sostengono che non ci sia un rapporto diretto così evidente tra uso dei contanti ed evasione fiscale, ma onestamente conservo qualche perplessità sulla bontà di questa valutazione.
Di fatto, questa operazione arriva in prossimità dell’altro grande movimento in corso sul fronte della tecnologia e dell’accelerazione digitale, quello della creazione di una rete unica sotto il controllo dello Stato per la diffusione della banda larga.
Aldilà di tutte le polemiche e delle valutazioni strumentali di tipo politico, bisogna ammettere che forse abbiamo intrapreso una strada corretta verso il futuro, una volta per tutte. Certo lo facciamo con un enorme ritardo rispetto a molti altri paesi ma sempre meglio che mai…