Abbiamo già scritto più volte di Neuralink, il nuovo progetto di Elon Musk, che dopo le macchine elettriche, i razzi spaziali, i tunnel sotto le città, ora sta sperimentando la costruzione di microchip da impiantare nel cervello per regolare alcune delle sue funzioni.
Pensare ai temi tecnologia, sensori, cervello e mettere tutte queste parole in una stessa frase potrebbe fare paura ai più, perché una vasta letteratura cinematografica dedicata all’argomento ci ha messo in guardia rispetto ai rischi di queste frontiere.
Come per qualunque tipo di invenzione, di strumento e anche di visione del futuro, entra in campo una parolina fondamentale, “etica”: l’applicazione di nuove scoperte può essere valutata in modo molto differente a seconda del rispetto di quell’etica che oggi sembra rappresentare un concetto desueto.
Per tornare a Neuralink, ieri l’azienda ha annunciato di aver impiantato un microchip nel cranio di una scimmia, che oggi è in grado di utilizzare alcuni videogiochi sfruttando semplicemente il potere della sua mente.
L’obiettivo sarebbe quello di porre due scimmie l’una accanto all’altra per permettere loro di giocare a pong, il videogioco inventato molti anni fa che rappresenta una versione semplificata del tennis da tavolo.
Questo è il secondo passo, dopo il primo esperimento mostrato al mondo qualche mese fa che riguardava invece un maiale, il cui nome era Geltrude, nel cui cervello era stato impiantato un chip in grado di comunicare con un computer.
In questo caso, invece, il sistema è diverso perché non viene collegato attraverso un pc, scelta condizionata dai possibili riflessi sulla salute dell’utilizzo di un computer, così come diventa praticamente impossibile vedere il microchip dall’esterno.
La scimmia, semplicemente, per modo di dire, comunica direttamente con il videogioco, ma c’è un aspetto negativo in questa soluzione, è più complicato raccogliere informazioni sul funzionamento del cervello.
Gli esperimenti della nuova azienda di Elon Musk potrebbero essere straordinari sul fronte delle malattie neurologiche, in particolare per i fenomeni che sono in crescita esponenziale del Parkinson e dell’Alzheimer, ma ancora non sappiamo se ci possono essere effetti davvero positivi sul cervello umano sfruttando questo tipo di dispositivi.
Si torna poi al tema dell’etica, perché comunque l’idea di inserire un dispositivo elettronico nel cervello, che teoricamente potrebbe anche alterarne le funzioni apre la strada a discorsi molto complessi che vanno oltre le possibilità tecnologiche date dalla scienza.
Abbiamo la sensazione che mettere d’accordo gli esseri umani su questi aspetti sarà più complicato del lavoro che gli scienziati dovranno fare per mettere appunto i loro studi.
Osservazione con attenzione e anche un po’ di stupore le attività di Neuralink sulle scimmie, quando sarà il momento degli esseri umani?
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