Da tempo sentiamo parlare di crisi dei processori e oggi comincia a circolare voci secondo cui questa situazione potrebbe colpire anche il mercato degli smartphone.
Prima di approfondire forse dobbiamo comprendere a cosa ci si riferisca: secondo le informazioni che sono state raccolte negli ultimi mesi, i produttori di processori stanno riscontrando notevoli problemi nel mantenere il ritmo di produzione necessario e nell’acquisizione delle materie prime che servono per la loro realizzazione.
Le motivazioni sono molteplici, ma in primo luogo bisogna fare riferimento ad una legge vecchia come il mondo, quella che combina domanda ed offerta.
Oggi i microchip, che una volta erano prerogativa esclusiva dei prodotti tecnologici, sono un componente fondamentale per qualunque prodotto venga realizzato in ogni angolo del pianeta.
C’è un processore dentro la macchina del caffè, dentro gli spazzolini elettrici, ovviamente in tutti gli apparati tecnologici, in tutti i dispositivi della smart home e, per citare un segmento a caso, anche dentro le automobili.
Perché la crisi dei processori per gli smartphone?
Questa crescita esponenziale del consumo di processori ha generato una condizione condivisa di scarsità, che fino a qualche settimana fa aveva colpito soprattutto i computer, ma che oggi pare affacciarsi anche nel mondo degli smartphone.
Secondo quanto riportato da alcuni organi di informazione, qualcomm, una delle aziende più grandi al mondo per la produzione di processori per gli smartphone, avrebbe notevoli difficoltà nel mantenere il ritmo di produzione necessario, in particolare per il nuovo processore principale quello chiamato Snapdragon 888.
Le motivazioni per cui questo accade sono molteplici e tutte incrociate tra loro, in primo luogo la difficoltà nel realizzare un prodotto con processo a 5 nm. I tempi di produzione sono più lunghi e la scalabilità della produzione è particolarmente ridotta, almeno per ora.
Alcuni dei componenti che vengono usati per questo processore sono realizzati da Samsung, che avrebbe difficoltà soprattutto a reperire le materie prime.
A questi primi due elementi si aggiunge anche un fattore estemporaneo, quello cioè delle condizioni climatiche estreme delle scorse settimane che hanno causato un’interruzione della produzione piuttosto prolungata nella fabbrica di Qualcomm in Texas.
Infine, perché le disgrazie non arrivano mai da sole, c’è anche l’esplosione nella richiesta di prodotti di fascia alta, conseguenza della crisi di Huawei.
Con il crollo verticale delle vendite del colosso cinese, sono cresciute in modo esponenziale quelle di altri soggetti come Xiaomi e OPPO.
Mentre Huawei era autosufficiente e non utilizzava, se non in piccola parte i processori di qualcomm, le altre aziende citate invece si basano quasi esclusivamente sulle forniture del colosso americano.
Da cosa deriva la crisi?
Il nuovo presidente di qualcomm, Cristiano Amon, che lavora nell’azienda da decenni, ha informato gli investitori qualche settimana fa sulla attuale condizione di mercato sottolineando come l’altissima richiesta di processori stia creando notevoli problemi, soprattutto per il fatto che questo tipo di prodotto viene realizzato con una catena di forniture strettamente interconnessa.
Basta che uno solo dei soggetti coinvolti abbia dei problemi per coinvolgere a cascata tutte le fasi successive, compresa quella finale di costruzione del semiconduttore.
Per fare un esempio, considerata la difficoltà nel reperire i chip per la gestione energetica, causata dai problemi nella fabbrica in Texas, qualcomm ha deciso di utilizzare le scorte disponibili per i processori di alto prezzo, rallentando però la realizzazione di quelli per la fascia medio bassa.
È una sorta di coperta corta, comunque la si tiri si genera qualche sacca di inefficienza.
Non si conoscono ancora soluzioni valide per il problema, ma il dato di fatto attuale è che i produttori dovranno tenere conto ancora per molti mesi che la crisi dei processori ormai è arrivata anche nel mercato degli smartphone.