Facebook e la privacy: era solo questione di tempo. Non vorrei che fosse un’analisi troppo semplicistica, ma credo sia la più immediata, dopo la tempesta di queste ore, che vede coinvolto il più grande social network del mercato.
Il tema del contendere è ancora una volta la privacy: ne abbiamo parlato più volte e probabilmente lo faremo ancora altrettante. Ci tengo per altro a sottolineare un dettaglio importante: non voglio sostituirmi agli esimi professionisti e agli esperti che in queste ore stanno commentando la vicenda che coinvolge Facebook e Cambridge Analytica, ma solo aggiungere un pensiero che di solito si definisce “laterale”.
Facebook e la privacy: cosa è successo
Ricostruiamo prima di tutto gli eventi: secondo quanto emerso nel corso del fine settimana, Cambridge Analytica, una società specializzata nell’elaborazione di dati provenienti dai social network, avrebbe trafugato i dati di 50 milioni di utenti in USA, per usarli a scopo elettorale.
Diciamo che in questo modo semplifichiamo molto la vicenda: in realtà, i dati provengono da un’applicazione che li ha raccolti legalmente fino al 2015, usando per un sito che prometteva di tracciare un nostro profilo psicologico partendo dai nostri dati facebook e dalla cosiddetta “facebook login”.
In modo del tutto legale, un signore chiamato AleKsandr Kogan aveva così raccolto le informazioni di un numero imprecisato di utenti. Violando però i termini di accordo con Facebook, li ha poi ceduti a Cambridge Anlytica, che per la cronaca fa capo ad un multimiliardario americano, ultra conservatore.
E’ bene sapere che Facebook a quell’epoca permetteva alle app di raccogliere dati, ma vietava di venderli a terzi. Tali dati, a quanto pare, sono stati utilizzati per elaborare campagne pubblicitarie e di disinformazione mirate, per condizionare il voto alle presidenziali del 2016.
Cambridge Analytica sapeva di avere dati ottenuti illegalmente e pare si sia auto-denunciata a Facebook, che però non ha fatto nulla per molto tempo. Solo lo scorso venerdì, in prossimità della pubblicazione della deununcia di The Guardian e del New York Times ha deciso di sospendere l’account della società.
Casualmente, ma non troppo, proprio venerdì il procuratore speciale che sta indagando sulla vicenda del condizionamento del voto da parte dei russi, ha chiesto a Cambridge Analytica una serie di dati, che paiono essere collegati a tutta la vicenda.
Facebook e la privacy: perché crollano le azioni?
Ieri la borsa ha fatto segnare un calo del 6.7% del valore delle azioni, in poche ore sono stati fumati quasi 40 miliardi di dollari, una cifra mostruosa che potrebbe mettere a posto un paio delle nostre manovre finanziarie.
Gli investitori temono ritorsioni legali e aggiustamenti delle regole, che rendano più difficile la compravendita dei dati sensibili e in conseguenza impoveriscano Facebook
E qui torna il pensiero laterale. Il problema non è Facebook, ma siamo noi. Noi che ancora non abbiamo capito quanto valgano le informazioni che noi ogni giorno regaliamo alle piattaforme web. Noi che in tutta spensieratezza diciamo dove siamo, con chi siamo, cosa amiamo e cosa non ci piace. Noi che non abbiamo la furbizia di mettere in pista qualche filtro che confonda un po’ le acque per chi poi quei dati li usa.
Facebook e la privacy: il vero problema siamo noi
Noi che scriviamo quale sia il nostro orientamento politico, che sveliamo per che squadra tifiamo, che non teniamo nemmeno un segreto su ciò che ci riguarda da vicino e ci esponiamo poi alla promozione di temi che toccano le nostre corde più sensibili, perché creati sapendo esattamente chi siamo e cosa ci solletica.
Continueremo a leggere dibattiti sulla gestione dei dati e sulle difficoltà legate alla loro gestione, ma gli unici in grado di risolvere la questione siamo noi, con la costruzione di una vera cultura digitale, che è consapevolezza di ciò che facciamo quando usiamo la rete e del valore che hanno le tracce di noi che lasciamo qua e là.
Come finirà questa vicenda? Probabilmente in una bolla di sapone. Ma può servire a far crescere la nostra consapevolezza, è il bicchiere mezzo pieno in una vicenda che non ha finito di stupirci.
“Noi che non abbiamo la furbizia di mettere in pista qualche filtro che confonda un po’ le acque per chi poi quei dati li usa.”
Ottima idea: non mi piace per niente.
Dovremmo farlo un po tutti. Pessima idea!
🙂