Le sorprese con Donald Trump non finiscono mai, ne è la prova il fatto che a distanza di pochi giorni dalla sua uscita dalla Casa Bianca, il presidente USA ha messo Xiaomi nella black list dei nemici.
In questo caso la lista comprende i soggetti che avrebbero legami con l’esercito cinese, condizione che comporta il divieto di investimenti americani nell’azienda e l’obbligo per coloro che già hanno effettuato investimenti di cedere le loro partecipazioni entro il novembre 2021.
La condizione però, va detto in modo molto chiaro, è completamente diversa rispetto a quella dell’altra azienda cinese finita nel mirino del presidente, Huawei: in questo caso non c’è nessun vincolo che viene messo per i rapporti commerciali e operativi tra Xiaomi e le aziende americane, ecco perché non esiste alcun rischio per i servizi di Google o la fornitura di componenti.
È davvero curioso come un decreto del 1999 del Dipartimento della difesa sia rimasto inutilizzato e soprattutto in applicato fino al 2020 quando è stato finalmente applicato, costituendo una lista delle società che hanno rapporti con l’esercito cinese.
L’amministrazione Trump, che per prima ha utilizzato quello strumento al fine di identificare i potenziali rischi per il governo americano, ha individuato 29 aziende, tra cui ci sono anche Xiaomi e Huawei.
Proprio ieri Xiaomi aveva diramato un comunicato dedicato al successo del proprio ecosistema e al raggiungimento di oltre 300 milioni di dispositivi installati nel mondo, che sono in qualche modo connessi all’azienda.
Con una coincidenza che quasi diabolica, dopo poche ore gli americani hanno deciso di identificare tra i propri nemici anche questo marchio, proprio per il rischio di potenziale spionaggio esercitato attraverso gli strumenti della smart home.
Molti credono che questa situazione cambierà drasticamente con l’arrivo di Joe Biden, ma non è scontato che questo avvenga: molti analisti ritengono che il presidente Trump abbia spettacolarizzato un atteggiamento nei confronti della Cina che in realtà esiste da molti anni ed è sponsorizzato e caldeggiato da molte aziende americane.
Ecco perché le attività di lobby difficilmente andranno in direzione diversa con la nuova presidenza. Probabilmente vedremo un approccio meno spettacolare, ma molto simile nella sostanza.
L’inserimento di Xiaomi nella black list americana non è comunque in alcun modo assimilabile a quello che è avvenuto nei confronti di Huawei.
Xiaomi ha risposto, con un comunicato
“Xiaomi ha sempre rispettato la legge e agito in conformità con le disposizioni e i regolamenti delle giurisdizioni dei Paesi in cui svolge la propria attività.
La Società ribadisce che fornisce prodotti e servizi per uso civile e commerciale Conferma inoltre di non essere posseduta, controllata o affiliata all’esercito cinese e di non essere una “Società militare comunista cinese” come definita dal NDAA.
Xiaomi intraprenderà azioni appropriate per proteggere gli interessi della Società e dei suoi azionisti e sta esaminando anche le potenziali conseguenze di questo atto per avere un quadro più completo del suo impatto sul Gruppo.
Ci saranno ulteriori annunci, se e quando Xiaomi lo riterrà opportuno”
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